Jefri
29-03-2014, 15:28
Avvio: Gennaio 2011
Vasca: Ferplast Cayman 60 professional modificato (ho tolto coperchio e ho usato dei comuni portalampada E27. L’idea l’ho presa dall’utente del forum di AcquapPortal Linea). Dimensioni 62,5 x 34,5 x h45,5 cm.
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Tecnica: Quella in dotazione. Ho tolto il coperchio al filtro interno per poter mettere le radici del Pothos dentro al vano dei canolicchi. Uso solo lana di perlon. Due lampade a risparmio energetico da 32W, totale 64W. Luce naturale diffusa. L’acquario come potete vedere dalle foto è affianco ad una finestra.
Fondo: Ghiaetto nero e terra da giardino come substrato fertile.
Arredi: Due legni di cui uno interrato per fare da barriera fisica alla stolonatura della Vallisneria.
Flora: Echinodorus ozelot, Echinodorus bleheri, Vallisneria spiralis, Cryptocoyne spp, Pogostemon helferi, Pistia stratiotes, muschi, Eleocharis acicularis (praticamente non cresce).
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Fauna: Neocaridina davidi var. yellow, Physa marmorata, Planorbis, Melanoides tubercolata, copepodi, collemboli.
Valori attuali: pH 7.5, KH 6, GH 14, NO2 0, NO3 0, PO4 0, T variabile con le stagioni. La lascio andare a 20°C in inverno. Punte di 31°C in estate. I valori di rete sono pH>8, KH 10, GH 16, NO3 10 mg/l. Uso solo questa, anche per i rabbocchi.
Gestione: descrivendovi la gestione spiegherò anche i punti salienti del libro e i motivi per cui adotto determinati comportamenti. Ogni cosa viene presa di pari passo dal trattato, nulla è farina del mio sacco tranne le esperienze dirette.
Lo smaltimento dei rifiuti è affidato in gran parte alla quantità di piante presenti. Viene considerato fondamentale per l’equilibrio del sistema avere piante emerse (nel mio caso Pistia e Pothos) poiché possiedono vantaggi netti rispetto alle piante sommerse: a) hanno accesso diretto alla CO2 atmosferica b) capacità fotosintetica tre volte maggiore c) uso migliore dello spettro solare. Le piante sommerse, superato un limite di luce non varia la fotosintesi, al contrario di quelle emerse d) nei pressi delle radici (sia interrate che galleggianti) si ha una notevole attività batterica.
Non fertilizzo mai. La fertilizzazione è affidata agli animali (le caridine finora) e ad una somministrazione “generosa” di cibo che non essendo consumato nel breve periodo va a fornire azoto, fosforo e microelementi in colonna. La Walstad assume (con prove di analisi chimiche) che il mangime viene prodotto con organismi che contengono gia quei micro elementi di cui le piante abbisognano. Inoltre l’acqua di rete è carica di elementi vari tra cui Cl, K e S. (ovviamente parlava delle acque di rete americane, di cui riportava le analisi). Il fondo di terriccio è ricco di sostanze e materiale organico.
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Riporto un passo tradotto dal libro riguardo il fondo:” Un sedimento con un redox tra +70 e +120mV sembra essere ottimale, così da permettere il rilascio dei nutrienti. Ad un valore moderatamente basso di redox i metalli dalla forma ossidata passano alla forma solubile, per esempio il manganese da MnO2 passa a Mn2+.La “microzona ossidata” è lo strato superficiale del sedimento. Separa il sedimento anaerobico dallo strato aerobico dell’acqua soprastante. Anche se è formato da uno strato di pochi mm esso è criticamente importante. Per prima cosa previene che i nutrienti passino nella colonna d’acqua, per esempio il ferro solubile (Fe2+) in questo strato passa nella sua forma ossidata (FeOOH). Secondo questa è una zona di notevole attività batterica. Qui vari batteri neutralizzano l’ammonio e l’acido solfidrico prevenendo che queste tossine, che si formano negli strati inferiori, passino nella zona d’acqua. Convertono inoltre il metano in CO2 che può essere utilizzata dalle piante e la materia organica in sostanze utili”.
La CO2 non viene somministrata. Molte piante riescono ad ottenere il carbonio dai carbonati presenti in acqua (decalcificazione biogena). Le specie che non ci riescono devono ottenere quella disciolta in acqua e a questo sopperiscono i DOC (carbonio organico disciolto) generati con le decomposizioni del mangime in eccesso e della materia organica presente nel substrato. Personalmente cerco di favorire ciò con l’introduzione di foglie di quercia e pignette d’ontano che, oltre a rilasciare acidi, subiscono una lenta decomposizione fino a sfaldarsi in vasca.
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La vasca è posta vicino ad una finestra per favorire la crescita vegetale e risparmiare sulla luce artificiale, così come consigliato nel libro. Il vetro laterale è coperto da una patina verde che scherma in parte la luce che non arriva mai diretta però. Sono presenti inoltre delle BBA che per motivi sconosciuti vanno e vengono. Qualche filamentosa verde, nulla più. Sinceramente non mi preoccupo per le alghe perché le trovo estetiche (e anche i miei ignari ospiti che ammirano piu i ciuffetti di “pratino ondulante nero” rispetto al bellissimo Pogostemon. Gusti). Visto che si parla di alghe introduco anche il discorso allelopatia. Questo termine si ritrova spesso nel libro e indica un rilascio di sostanze chimiche (specialmente amminoacidi, acidi fenolici, flavonoidi, tannini e stilbeni) da parte delle piante atto a produrre lotta biologica intraspecifica, contro alghe, batteri e protozoi. Una sorta di disinfezione che producono le piante contro eccessive proliferazioni algali o batteriche. Di contro si ha anche una forte inibizione intraspecifica tra piante, per questo la Walstad consiglia di inserire piante provenienti dalle stesse zone geografiche poiché queste sembrano aver sviluppato delle reciproche immunità agli allelopatici di piante con cui condividono gli stessi habitat. Esperimenti condotti hanno dimostrato per esempio un inibizione totale di crescita nella Pistia da parte dell’Eleocharis acicularis e addirittura la morte della stessa da parte di alcune specie di Nimphea.
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Concludo con i cambi d’acqua. Questi vengono fatti in misura del 40% ogni quattro mesi circa. Dopo il cambio si ha un breve periodo di assestamento delle piante che dopo circa 1-2 settimane riprendono la crescita. Rabbocco con sola acqua di rubinetto. E’ interessante notare il fenomeno di riduzione delle durezze. Passo da un GH di 16 dell’acqua di rete a 14. Il KH passa da 10 a 6. Passato un periodo variabile di quattro mesi circa assisto ad una stasi completa se non addirittura sofferenza delle piante. Probabilmente questo fenomeno è provocato dall’accumulo di allelopatici e a squilibri ionici delle sostanze in colonna. Qui passo al cambio d’acqua.
Le informazioni necessarie alla conduzione le ho prese dal libro ‘Ecology of the planted aquarium’ scritto dalla dott.ssa Diana Walstad. Nel volume vengono descritti approfonditamente i principi ecologici che sottendono ad un acquario di piante. Gli argomenti trattati riguardano l’allelopatia (interazione chimica tra piante), i biofilm batterici, la chimica dei sedimenti nel fondo ecc.
Penso che il libro sia una lettura molto interessante per tutti coloro che decidono di avere una vasca con piante, che sia low tech o meno e che sicuramente consiglio. Si trovano nozioni che esulano dalla normale conduzione di una vasca, e che somigliano per certi versi ad un trattato scientifico, ma che ci permettono di osservare i fenomeni racchiusi in quei quattro vetri con maggiore comprensione.
Vasca: Ferplast Cayman 60 professional modificato (ho tolto coperchio e ho usato dei comuni portalampada E27. L’idea l’ho presa dall’utente del forum di AcquapPortal Linea). Dimensioni 62,5 x 34,5 x h45,5 cm.
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Tecnica: Quella in dotazione. Ho tolto il coperchio al filtro interno per poter mettere le radici del Pothos dentro al vano dei canolicchi. Uso solo lana di perlon. Due lampade a risparmio energetico da 32W, totale 64W. Luce naturale diffusa. L’acquario come potete vedere dalle foto è affianco ad una finestra.
Fondo: Ghiaetto nero e terra da giardino come substrato fertile.
Arredi: Due legni di cui uno interrato per fare da barriera fisica alla stolonatura della Vallisneria.
Flora: Echinodorus ozelot, Echinodorus bleheri, Vallisneria spiralis, Cryptocoyne spp, Pogostemon helferi, Pistia stratiotes, muschi, Eleocharis acicularis (praticamente non cresce).
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Fauna: Neocaridina davidi var. yellow, Physa marmorata, Planorbis, Melanoides tubercolata, copepodi, collemboli.
Valori attuali: pH 7.5, KH 6, GH 14, NO2 0, NO3 0, PO4 0, T variabile con le stagioni. La lascio andare a 20°C in inverno. Punte di 31°C in estate. I valori di rete sono pH>8, KH 10, GH 16, NO3 10 mg/l. Uso solo questa, anche per i rabbocchi.
Gestione: descrivendovi la gestione spiegherò anche i punti salienti del libro e i motivi per cui adotto determinati comportamenti. Ogni cosa viene presa di pari passo dal trattato, nulla è farina del mio sacco tranne le esperienze dirette.
Lo smaltimento dei rifiuti è affidato in gran parte alla quantità di piante presenti. Viene considerato fondamentale per l’equilibrio del sistema avere piante emerse (nel mio caso Pistia e Pothos) poiché possiedono vantaggi netti rispetto alle piante sommerse: a) hanno accesso diretto alla CO2 atmosferica b) capacità fotosintetica tre volte maggiore c) uso migliore dello spettro solare. Le piante sommerse, superato un limite di luce non varia la fotosintesi, al contrario di quelle emerse d) nei pressi delle radici (sia interrate che galleggianti) si ha una notevole attività batterica.
Non fertilizzo mai. La fertilizzazione è affidata agli animali (le caridine finora) e ad una somministrazione “generosa” di cibo che non essendo consumato nel breve periodo va a fornire azoto, fosforo e microelementi in colonna. La Walstad assume (con prove di analisi chimiche) che il mangime viene prodotto con organismi che contengono gia quei micro elementi di cui le piante abbisognano. Inoltre l’acqua di rete è carica di elementi vari tra cui Cl, K e S. (ovviamente parlava delle acque di rete americane, di cui riportava le analisi). Il fondo di terriccio è ricco di sostanze e materiale organico.
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Riporto un passo tradotto dal libro riguardo il fondo:” Un sedimento con un redox tra +70 e +120mV sembra essere ottimale, così da permettere il rilascio dei nutrienti. Ad un valore moderatamente basso di redox i metalli dalla forma ossidata passano alla forma solubile, per esempio il manganese da MnO2 passa a Mn2+.La “microzona ossidata” è lo strato superficiale del sedimento. Separa il sedimento anaerobico dallo strato aerobico dell’acqua soprastante. Anche se è formato da uno strato di pochi mm esso è criticamente importante. Per prima cosa previene che i nutrienti passino nella colonna d’acqua, per esempio il ferro solubile (Fe2+) in questo strato passa nella sua forma ossidata (FeOOH). Secondo questa è una zona di notevole attività batterica. Qui vari batteri neutralizzano l’ammonio e l’acido solfidrico prevenendo che queste tossine, che si formano negli strati inferiori, passino nella zona d’acqua. Convertono inoltre il metano in CO2 che può essere utilizzata dalle piante e la materia organica in sostanze utili”.
La CO2 non viene somministrata. Molte piante riescono ad ottenere il carbonio dai carbonati presenti in acqua (decalcificazione biogena). Le specie che non ci riescono devono ottenere quella disciolta in acqua e a questo sopperiscono i DOC (carbonio organico disciolto) generati con le decomposizioni del mangime in eccesso e della materia organica presente nel substrato. Personalmente cerco di favorire ciò con l’introduzione di foglie di quercia e pignette d’ontano che, oltre a rilasciare acidi, subiscono una lenta decomposizione fino a sfaldarsi in vasca.
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La vasca è posta vicino ad una finestra per favorire la crescita vegetale e risparmiare sulla luce artificiale, così come consigliato nel libro. Il vetro laterale è coperto da una patina verde che scherma in parte la luce che non arriva mai diretta però. Sono presenti inoltre delle BBA che per motivi sconosciuti vanno e vengono. Qualche filamentosa verde, nulla più. Sinceramente non mi preoccupo per le alghe perché le trovo estetiche (e anche i miei ignari ospiti che ammirano piu i ciuffetti di “pratino ondulante nero” rispetto al bellissimo Pogostemon. Gusti). Visto che si parla di alghe introduco anche il discorso allelopatia. Questo termine si ritrova spesso nel libro e indica un rilascio di sostanze chimiche (specialmente amminoacidi, acidi fenolici, flavonoidi, tannini e stilbeni) da parte delle piante atto a produrre lotta biologica intraspecifica, contro alghe, batteri e protozoi. Una sorta di disinfezione che producono le piante contro eccessive proliferazioni algali o batteriche. Di contro si ha anche una forte inibizione intraspecifica tra piante, per questo la Walstad consiglia di inserire piante provenienti dalle stesse zone geografiche poiché queste sembrano aver sviluppato delle reciproche immunità agli allelopatici di piante con cui condividono gli stessi habitat. Esperimenti condotti hanno dimostrato per esempio un inibizione totale di crescita nella Pistia da parte dell’Eleocharis acicularis e addirittura la morte della stessa da parte di alcune specie di Nimphea.
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Concludo con i cambi d’acqua. Questi vengono fatti in misura del 40% ogni quattro mesi circa. Dopo il cambio si ha un breve periodo di assestamento delle piante che dopo circa 1-2 settimane riprendono la crescita. Rabbocco con sola acqua di rubinetto. E’ interessante notare il fenomeno di riduzione delle durezze. Passo da un GH di 16 dell’acqua di rete a 14. Il KH passa da 10 a 6. Passato un periodo variabile di quattro mesi circa assisto ad una stasi completa se non addirittura sofferenza delle piante. Probabilmente questo fenomeno è provocato dall’accumulo di allelopatici e a squilibri ionici delle sostanze in colonna. Qui passo al cambio d’acqua.
Le informazioni necessarie alla conduzione le ho prese dal libro ‘Ecology of the planted aquarium’ scritto dalla dott.ssa Diana Walstad. Nel volume vengono descritti approfonditamente i principi ecologici che sottendono ad un acquario di piante. Gli argomenti trattati riguardano l’allelopatia (interazione chimica tra piante), i biofilm batterici, la chimica dei sedimenti nel fondo ecc.
Penso che il libro sia una lettura molto interessante per tutti coloro che decidono di avere una vasca con piante, che sia low tech o meno e che sicuramente consiglio. Si trovano nozioni che esulano dalla normale conduzione di una vasca, e che somigliano per certi versi ad un trattato scientifico, ma che ci permettono di osservare i fenomeni racchiusi in quei quattro vetri con maggiore comprensione.